Manager, accademici, direttori delle relazioni istituzionali. Un nuovo team al servizio del Paese con un solo obiettivo: ripartire, subito. Valerio De Luca, presidente di Aises, svela la nuova Task Force Italia
L’emergenza accorcia i tempi per il brainstorming, ma non li annulla. Senza pianificazione non c’è ripartenza. Per questo Valerio De Luca, presidente di Aises (International Academy for Social and Economic Development) e della Global Investors Alliance, ha deciso di radunare e lanciare la “Task Force Italia”.
Siamo di fronte a una vera emergenza globale che, per essere contrastata con efficacia e tempestività, richiede la collaborazione attiva e trasversale di tutte le forze responsabili che compongono il Sistema Paese con l’obiettivo di guidare la grande trasformazione in atto, foriera di rischi inediti ma anche di grandi opportunità. Le decisioni e le azioni che individui, governi, istituzioni internazionali e aziende intraprenderanno oggi per contrastare la pandemia e la crisi economica plasmeranno profondamente e nel lungo termine la società in cui vivremo domani.
Come è nata l’idea?
Sin da subito a febbraio, in qualità di esponenti responsabili della società civile, ci siamo riuniti in una “minoranza creativa” per offrire un contributo concreto all’Italia in un momento di elevata incertezza. Sentiamo il dovere, come volontari, di cooperare per tradurre idee, proposte e competenze tecniche in nuovi paradigmi, azioni strategiche e soluzioni innovative da porre al servizio della collettività e della competitività nazionale su scala europea e globale.
Cosa farete, in concreto?
Abbiamo di fronte l’occasione di rilanciare una grande opera di modernizzazione del Paese che è possibile solo attuando veramente le riforme strutturali, fino ad oggi solamente annunciate. Innanzitutto, il taglio della burocrazia, la semplificazione normativa, l’efficientamento del sistema sanitario nazionale e il rilancio del turismo. Utilizzando i fondi straordinari con liquidità a basso costo possiamo finalmente finanziare un piano di investimenti nella sanità, nella ricerca, nella formazione e nelle infrastrutture, basati sui paradigmi della sostenibilità e dell’innovazione. Non dimentichiamo, però, che nessun pasto è gratis. Quando la crisi sarà rientrata, l’alto rapporto debito-Pil costituirà la sfida fondamentale per la sostenibilità delle finanze pubbliche del nostro Paese.
C’è chi dice che ci siano già troppe task force. Cosa la distingue dalle altre?
È vero, ci sono molte task force con obiettivi diversi e spesso confliggenti. Non è, però, il momento di gareggiare per distinguersi, né competere per prevalere gli uni sugli altri, come in un gioco a somma zero. Nessuno è indispensabile. Ognuno è chiamato a fare la sua parte e, solo se uniti, possiamo fare la differenza. C’è bisogno di una resilienza trasformativa. Camminare all’indietro, andando alle cause profonde della crisi, per poi prendere la rincorsa e insieme balzare in avanti, guardando oltre la pandemia. Per tale ragione, la task force evolverà necessariamente in una piattaforma permanente e di impatto con il compito di informare, formare e trasformare.
Le competenze sono sempre utili. Ma la politica ascolta?
Le dinamiche e i processi globali, guidati dalle tecnologie disruptive, sono caratterizzati da un’accelerazione che implica una riduzione del ciclo di vita di conoscenze e competenze nel settore pubblico e privato. Per tale ragione, il recupero delle competenze è centrale nel nostro progetto non solo per contrastare l’emergenza ma soprattutto per dare forma al potenziale unico dell’Italia in una prospettiva di rinascita e di cambiamento. Solo integrando le capacità manageriali ed organizzative delle istituzioni, delle imprese e del terzo settore, si possono stimolare proposte di policy ed azioni concrete di sostegno ad una crescita inclusiva ed uno sviluppo sostenibile a partire dalle esigenze concrete dei territori e dei settori altamente rappresentativi sul piano democratico. Per questo la politica ha tutto l’interesse all’ascolto, altrimenti sarà condannata a ripetere gli stessi errori, avvitandosi su sé stessa.
Quali sono i criteri con cui avete selezionato i vostri componenti?
Partecipano a titolo volontario persone di elevato standing, abituate quotidianamente a gestire momenti di crisi e a trovare soluzioni pragmatiche. Nessuna di loro è indicata dalla politica. Neutralità e indipendenza dagli interessi di parte ben si combinano con l’interdisciplinarità e la trasversalità di competenze tecniche ed accademiche. Hanno accolto il mio invito professionisti con esperienze consolidate nella gestione e nel risanamento di grandi gruppi industriali e bancari; nella governance di importanti società quotate in qualità di amministratori indipendenti; vertici di aziende pubbliche e private; capi di gabinetto di importanti ministeri, il cui ruolo strutturale rappresenta, come è noto, la cinghia di trasmissione tra la decisione politica e l’esecuzione amministrativa. Accademici di fama internazionale, provenienti dalle più prestigiose Università italiane e straniere, dalla Sapienza, Bocconi e Luiss ad Harvard, Oxford, King’s College e Science Po.
La crisi richiede risposte rapide, soluzioni concrete. C’è tempo per il brainstorming?
Nello stato di eccezione, la forte contrazione del tempo ci porta ad accelerare i processi decisionali. Il brainstorming è importante in questa fase solo se stimola il “know why” : comprendere il “perchè” e il senso profondo di ogni azione, decisione e risultato. La volontà di “Ricostruzione” del paese ci ha spinti ad approfondire la conoscenza più ampia delle ragioni culturali, delle condizioni sociali e della struttura economico-finanziaria del nostro territorio.
Quali sono le proposte e le soluzioni che sono emerse dalla vostra piattaforma unica di know how ?
I temi emersi dai primi incontri “virtuali” e le rapide soluzioni in termini di “know how” hanno riguardato come “riaccendere i motori” nella seconda fase di ripartenza. Centrale è l’attuazione delle grandi opere. Bisogna evitare il ricorso eccessivo alle deroghe e riscrivere le norme, utilizzando gli strumenti esistenti, come la procedura semplificata di assegnazione degli appalti, già prevista dal relativo codice, e la previsione contenuta nella recente comunicazione europea, che consenta di evitare la pubblicazione del bando europeo.
Poi?
Utilizzare la leva fiscale, prevedendo una proroga delle scadenze fiscali o la riduzione dell’Iva nei settori più a rischio come il turismo e il food; per contenere, invece, la profonda crisi e rilanciare la cultura, si è pensato alla possibilità che ciascuna istituzione culturale, pubblica o privata, possa emettere un “art & culture bond” oppure fare uso dello strumento del crowdfunding per stimolare il mecenatismo e raccogliere capitali di rischio.
E sul piano dell’innovazione?
C’è bisogno di un’unica infrastruttura di rete a più corsie digitali, così da semplificare la trasformazione ed accelerare, con la banda larga e il 5G, lo sviluppo delle PMI soprattutto nelle aree più disagiate e nei settori strategici più a rischio. Infine, l’upskilling e l’alfabetizzazione digitale sono decisivi per ridurre il digital divide e sostenere il lavoro e la formazione continua in questa fase di distanziamento sociale.
Nel nome c’è un guizzo d’orgoglio nazionale. L’Italia può ripartire da sola?
Non è patriottismo né nazionalismo di retroguardia, ma abbiamo la lucida consapevolezza dell’unicità del valore italico e della storia millenaria che, in situazioni di gravi crisi, ci ha insegnato non solo a rialzarci e rinascere dalle rovine ma soprattutto di porci alla guida di grandi fenomeni di cambiamento. Ancor di più oggi, dove gli egoismi nazionali sembrano prevale in nome del principio assoluto di salute pubblica, ha senso parlare di un Europa a trazione italica per la capacità di contrasto alla diffusione del contagio, nonostante gli errori e i sacrifici di first mover. “Nessuno si salva da solo”, per citare le parole di Papa Francesco. Siamo tutti sulla stessa barca e, nel mare in tempesta, siamo costretti a remare nella stessa direzione, consolidando i rapporti con i nostri partner e stringendo nuove alleanze strategiche al livello europeo e mondiale.
Chi saranno i vostri interlocutori?
Da più parti si avverte la necessità di ‘fare sintesi’ e di concertare gli sforzi nelle realtà maggiormente rappresentative del Paese. Siamo costruttori di ponti tra le istanze della società civile, il mondo delle istituzioni, i policy makers e il tessuto economico-finanziario. Lo stakeholder engagement e la partecipazione attiva di ampi settori della cultura, della ricerca scientifica e dei media sono fondamentali per favorire le azioni sistemiche e la diffusione delle conoscenze multitasking.
Stato e privati. Qual è la giusta via mediana per la ripartenza?
In questo quadro, ci sembra necessario riequilibrare il rapporto pubblico-privato. Alle imprese, alle famiglie e al terzo settore è stato chiesto già molto nel corso degli ultimi decenni, in termini di elevato prelievo fiscale e di sacrifici volontari, sostituendosi spesso alle mancanze del welfare statale. Questa emergenza offre l’opportunità ai governi nazionali per riposizionarsi nel quadro geopolitico globale con una nuova visione strategica e con interventi strutturali ad alto impatto tecnologico, per ricostruire una società più resiliente e solidale nel dopo pandemia.